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Paolo Salviati


Fu tra i più attivi fotografi veneziani della seconda metà dell’Ottocento, pur essendo la sua biografia ancora oggi poco conosciuta. Alcune interessanti notizie sono verificabili nel Registro Anagrafe del Comune di Venezia del 1857, nello Stato Famiglia del 1854 e nel Registro della popolazione di Venezia di inizio Novecento, conservati presso l’Archivio Storico Municipale.

Paolo Salviati nacque a Venezia il 23 maggio 1818, ed è quindi quasi coetaneo di Carlo Naya (nato nel 1816). Nel 1854 risulta domiciliato al numero civico 1121 del Sestiere di San Polo (ubicato nell’attuale Pasina San Silvestro, nei pressi dell’omonimo campo), ma trascorse forse un breve periodo lontano da Venezia, poiché nel citato Stato Famiglia viene segnato il suo rientro in città il giorno 11 marzo 1854 (tre anni prima dell’arrivo di Naya). Due anni più tardi è domiciliato al numero 1414 del sestiere di Santa Croce (nell’attuale Calle Orsetti, che collega la Lista dei Bari con Campo Nazario Sauro), con moglie e cinque figli (dei quali una sola femmina, morta in tenera età). Curiosamente, nello Stato Famiglia del 1854, Salviati è indicato, oltre che come fotografo, anche come falegname (la dicitura è però barrata e potrebbe perciò trattarsi di un errore di trascrizione dell’addetto alla compilazione del registro). Da questo momento in poi Salviati entra attivamente nella vita artistica e culturale della città. Possedeva un negozio ed alcune vetrine in Piazza San Marco, sotto i portici delle Procuratie Nuove, ai numeri civici 44, 45 e 76 ed un altro (forse il laboratorio?) in Calle dell’Arco 3500, nel sestiere di Castello, poco distante dalla chiesa di Sant’Antonin (cfr. I. Zannier, Alcuni fotografi della Venezia dell’800, in: I. Zannier, Archivio Naya, O. Böhm Editore, Venezia, 1981).

Tra il 1880 e il 1882, Salviati compare nel gruppo dei fotografi veneziani citati in giudizio e condannati ad un cospicuo risarcimento danni, per aver contraffatto e venduto abusivamente alcune fotografie di Carlo Naya. Gli altri fotografi coinvolti sono: Carlo Ponti, Beniamino Giuseppe Coen e Antonio Perini, tutti con rivendita in Piazza San Marco. Le stampe venivano acquistate nel negozio di Naya da alcuni clienti complici, quindi riprodotte nello stabilimento di un altro importante fotografo, Tommaso Sargenti, soprattutto per opera della vedova, considerata la “regista” dell’intera operazione, ed infine rivendute nei suddetti ateliers. Al di là dei sui esiti giudiziari, questo episodio testimonia l’ampia diffusione e l’alto valore di mercato raggiunto dalla fotografia a Venezia nell’ultimo ventennio del XIX secolo, al punto da creare concorrenza e competizione tra i fotografi più rappresentativi (per il processo in questione: Leopoldo Bizio, Processo per contraffazione di fotografie. Tip. Naya, Venezia, 1882; la relazione è stata pubblicata, tra gli altri, da Italo Zannier in Archivio Naya, op. cit; un altro commento si trova in I. Zannier, Storia della fotografia italiana, La Terza, Bari, 1986, pp. 229-230).

Oltre che per la fotografia di architettura e di paesaggio lagunari, Paolo Salviati era particolarmente apprezzato nel ritratto, un genere allora molto richiesto, e per la tecnica del ritocco cromatico. Si tratta, questa, di un’operazione assai diffusa all’epoca, che consisteva nel colorare i negativi a mano, allo scopo di mascherare i difetti di un'immagine o per conferire una maggiore vivacità alla veduta. Come si evince dal Registro della popolazione di Venezia conservato nell’Archivio Storico Muncipale, Salviati morì a Venezia il 20 gennaio 1894.

http://www.albumdivenezia.it/easyne2/LYT.aspx?IDLYT=410&Code=AlbumVE&ST=SQL&SQL=ID_Documento=280








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La Casa natale di Gabriele D'Annunzio



Corso Manthoné, 116 - Pescara

Il Museo “Casa Natale di Gabriele d’Annunzio” si svolge al primo piano dell’edificio che fu proprietà della famiglia d’Annunzio a partire dall’800. L’immobile, passato al demanio dello Stato nel ’57, fu affidato dal 1969 alla Soprintendenza ai BAAAS dell’Aquila. Un primo allestimento museografico, con esposizione di documenti d’archivio, fotografie e cimeli provenienti dal Vittoriale di Gardone Riviera, fu realizzato dalla “Fondazione d’Annunzio”, in occasione della mostra “L’Abruzzo nella vita e nell’opera di Gabriele d’Annunzio”, inaugurata nel 1963 e curata da M. Masci e D. Tiboni.

Tale esposizione fu conservata fino al 1993 quando, in occasione dei restauri interni del Museo, fu possibile organizzare un nuovo percorso museale, con sistemazione di pannelli didattici nei quali si possono trovare notizie sulla famiglia del Poeta, arricchite da riferimenti letterari e fotografici, e sulla ricostruzione degli avvenimenti che lo videro protagonista di episodi clamorosi durante la prima Guerra Mondiale e dell’impresa di Fiume. Sono illustrati anche i paesi e i luoghi d’Abruzzo che d’Annunzio ha trattato nelle sue opere letterarie e gli artisti ai quali è stato legato da sentimenti di profonda amicizia, come il pittore Francesco Paolo Michetti e i componenti del Cenacolo di Francavilla al Mare. Altri pannelli sono dedicati alla ricostruzione storico-architettonica dell'antica Fortezza di Pescara e al suo successivo sviluppo urbanistico fino all’unificazione avvenuta nel 1927 con la vicina Castellammare Adriatico, grazie all’intervento del Poeta.

Il percorso prevede la visita delle singole stanze della “casa-museo”, che conservano arredi e mobili d’epoca e decorazioni parietali di particolare pregio artistico. Ogni stanza è illustrata con una didascalia che ripropone quei brani del “Notturno” in cui il Poeta ricorda con parole ricche di sentimento sia gli ambienti e gli oggetti sia le persone a lui care.

Il museo si svolge al primo piano dell'edificio che fu di proprietà della famiglia d'Annunzio: un primo allestimento museografico, con esposizioni di documenti d'archivio, fotografie e cimeli provenienti dal Vittoriale degli Italiani di Gardone riviera fu realizzato dalla Fondazione d'Annunzio in occasione del centenario della nascita del Poeta. Tale esposizione fu conservata fino al 1993 quando, in occasione dei restauri interni, venne organizzato un nuovo percorso museale,che prevede la visita delle singole stanze della casa-museo che conservano arredi e mobili d'epoca e decorazioni parietali di particolare pregio artistico. Ogni stanza è illustrata con una didascalia che ripropone brani del Notturno in cui il Poeta ricorda con parole ricche di sentimento sia gli ambienti sia le persone a lui care.
Il Museo è arricchito da pannelli didattici nei quali sono riportate notizie sulla famiglia del Poeta, con riferimenti letterari e fotografici e sulla ricostruzione degli avvenimenti che lo videro protagonista di episodi clamorosi durante la prima Guerra Mondiale e nell'impresa di Fiume.

http://www.casadannunzio.beniculturali.it/



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"...Je dois apprendre aux curieux..." di Xavier de Maistre



Chi frequenta il mio blog sicuramente avrà visto almeno una volta la trasmissione "Passpartout" del bravissimo ed elegante Philippe Daverio.

Ma vi siete mai chiesti cos'è la scenografia nella quale Daverio parla?
Si tratta della prima pagina di un'opera del conte Xavier de Maistre, "Expédition nocturne autour de ma chambre" (Spedizione notturna attorno alla mia camera).
Ne riporto qui di seguito la biografia.



Chambéry, 8 novembre 1763 – San Pietroburgo, 13 giugno 1852

E' stato uno scrittore e militare sabaudo, nato in Savoia.

Era il prediletto fratello minore del conte Joseph de Maistre, scrittore apologista cattolico, reazionario e ultramontano, di gran fama ai suoi tempi. Xavier, che deve la celebrità al suo primo romanzo, il Viaggio attorno alla mia camera, fu una delle tipiche poliedriche personalità vissute nel movimentato periodo a cavallo tra il 1700 e il 1800, tra la Rivoluzione Francese e Napoleone. Tra i suoi numerosi interessi vi fu l’aeronautica, che lo portò a compiere con un amico un’ascensione in pallone aerostatico (mongolfiera), a Chambery, il 5 maggio 1784, e di cui scrisse una relazione. Altro suo grande fu la pittura, che praticò con discreto successo, al punto che poté aprire a Mosca uno studio di pittore ritrattista.
Soldato coraggioso e convinto, non fu cieco davanti alle atrocità della guerra, e, dopo aver combattuto Napoleone invasore della Russia, descrisse nelle sue lettere l’orrore della ritirata della Grande Armata.

Passò spensieratamente gli anni della giovinezza a Torino, allora capitale del regno sabaudo, o nelle fortezze di Exilles e Fenestrelle, dove «fece coscienziosamente la vita di guarnigione», come ebbe a dire a Sainte-Beuve. La vigilia del Carnevale del 1790, a causa di un duello, fu messo agli arresti domiciliari per 42 giorni, arresto che, a suo dire, fu l’occasione che gli diede la celebrità con la composizione del celebre opuscolo. Nel frattempo avanzavano i Francesi della Rivoluzione, invadendo dapprima la Savoia, il luogo natio di Xavier, da cui sarà a lungo escluso, e poi il Piemonte. Xavier combatté contro di loro dapprima con gli Austriaci di François Christophe Kellermann e quindi agli ordini del maresciallo russo Aleksandr Vasil'evič Suvorov, mentre il fratello letterato curava a Losanna l’edizione del Voyage, facendolo conoscere a un vasto pubblico. Nel 1800 lo zar Paolo I di Russia richiamò in patria e mandò in esilio il generale Aleksandr Vasil'evič Suvorov, nonostante fosse considerato invincibile. Fedele come sempre nella disgrazia, Xavier seguì il generale a San Pietroburgo e decise di rimanere in Russia, dove si sposò e visse felice per molti anni. Sotto lo zar Alessandro I ebbe il grado di colonnello e viaggiò e combatté nel Caucaso contro i Ceceni, in Georgia contro i Turchi e in Finlandia, dove finalmente si stancò della carriera militare.

Nel 1826 tornò in Savoia e nella sua amata Torino, ben dopo la caduta di Napoleone, e scoprì di essere diventato famoso grazie anche alla pubblicazione delle altre sue opere, che il fratello Joseph aveva corretto dagli inevitabili italianismi.

http://it.wikipedia.org/wiki/Xavier_de_Maistre

E qui di seguito il capitolo primo dell'opera.


CHAPITRE PREMIER.

Pour jeter quelque intérêt sur la nouvelle chambre dans laquelle j'ai fait une expédition nocturne, je dois apprendre aux curieux comment occupations dans la maison bruyante que j'habitais, je me proposais depuis longtemps de elle m'était tombée en partage. Continuellement distrait de mesme procurer dans le voisinage une retraite plus solitaire, lorsqu'un jour, en parcourant une notice biographique sur M. de Buffon, j'y lus que cet homme célèbre avait choisi dans ses jardins un pavillon isolé, qui ne contenait aucun autre meuble que le fauteuil et le bureau sur lequel il écrivait, ni aucun autre ouvrage que le manuscrit auquel il travaillait.

Les chimères dont je m'occupe offrent tant de disparate avec les travaux immortels de M. de Buffon, que la pensée de l'imiter, même en ce point, ne me serait sans doute jamais venue à l'esprit sans un accident qui m'y détermina. Un domestique, en ôtant la poussière des meubles, crut en voir beaucoup sur un tableau peint au pastel que je venais de termine; et l'essuya si bien avec un linge, qu'il parvint en effet à le débarrasser de toute la poussière que j'y avais arrangée avec beaucoup de soin. Après m'être mis fort en colère contre cet homme, qui était absent, et ne lui avoir rien dit quand il revint, suivant mon habitude, je me mis aussitôt en campagne, et je rentrai chez moi avec la clef d'une petite chambre que j'avais louée au cinquième étage dans la rue de la Providence. J'y ils transporter dans la même journée les matériaux de mes occupations favorites, et j'y passai dans la suite la plus grande partie de mon temps, à l'abri du fracas domestique et des nettoyeurs de tableaux. Les heures s'écoulaient pour moi comme des minutes dans ce réduit isolé, et plus d'une fois mes rêveries m'y ont fait oublier l'heure du dîner.

O douce solitude ! j'ai connu les charmes dont tu enivres tes amants. Malheur à celui qui ne peut être seul un jour dans sa vie sans éprouver le tourment de l'ennui, et qui préfère, s'il le faut, converser avec des sots plutôt qu'avec lui-même!

Je l'avouerai toutefois, j'aime la solitude dans les grandes villes; mais, à moins que d'y être forcé par quelque circonstance grave. comme un voyage autour de ma chambre, je ne veux être ermite que le matin; le soir, j'aime à revoir des faces humaines. Les inconvénients de la vie sociale et ceux de la solitude se détruisent ainsi mutuellement, et ces deux modes d'existence s'embellissent l'un par l'antre.

Cependant l'inconstance et la fatalité des choses de ce monde sont telles, que la vivacité même des plaisirs dont je jouissais dans ma nouvelle demeure aurait dû me faire prévoir combien ils seraient de courte durée. La révolution française, qui débordait de toutes parts, venait de surmonter les Alpes, et se précipitait sur l'Italie. Je fus entraîné par la première vague jusqu'à Bologne. Je gardai mon ermitage, dans lequel je fis transporter tous mes meubles, jusqu'à des temps plus heureux. J'étais depuis quelques années sans patrie, j'appris un beau matin que j'étais sans emploi. Après une année tout entière passée à voir des hommes et des choses que je n'aimais guère, et à désirer des choses et des hommes que je ne voyais plus, je revins à Turin. Il fallait prendre un parti. Je sortis de l'auberge de la Bonne Femme, où j'étais débarqué, dans l'intention de rendre la petite chambre au propriétaire et de me défaire de mes meubles.

En rentrant dans mon ermitage, j'éprouvai des sensations difficiles à décrire : tout y avait conservé l'ordre, c'est-à-dire le désordre dans lequel je l'avais laissé : les meubles entassés contre les murs avaient été mis à l'abri de la poussière par la hauteur du gîte; mes plumes étaient encore dans L'encrier desséché, et je trouvai sur la table une lettre commencée.

Je suis encore chez moi, me dis-je avec une véritable satisfaction. Chaque objet me rappelait quelque événement de ma vie, et ma chambre était tapissée de souvenirs. Au lieu de retourner à l'auberge, je pris la résolution de passer la nuit au milieu de mes propriétés. J'envoyai prendre ma valise, et je ils en même temps le projet de partir le lendemain, sans prendre congé ni conseil de personne, m'abandonnant sans réserve à la Providence.










Illustrazioni da "Expédition nocturne autour de ma chambre"
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Amore e ginnastica


Pochi giorni fa mi è capitato per caso di vedere questo film. E' molto bello e di indiscutibile eleganza. Lo consiglio e vi riporto la trama.

E' un film del 1973 diretto dal regista Luigi Filippo D'Amico. Il film è tratto da un libro di Edmondo De Amicis.

La storia è ambientata a Torino nel 1892 e narra dei tormenti del giovane Simone Celzani (Lino Capolicchio) perdutamente innamorato della maestra di ginnastica Maria Pedani (Senta Berger). Lui è piccolo, timido, ex seminarista e tutt'altro che sportivo. Lei, al contrario, è forte, bella, moderna e, per i tempi, spregiudicatamente femminista.
Ne nasce una serie di situazioni comiche e patetiche che rendono il film un piccolo capolavoro. Sono assai ben realizzate l'ambientazione e la ricostruzione del clima "piccolo borghese" dell'Italia umbertina di fine ottocento. Spiccano le figure dell'amica di Maria (Adriana Asti), gelosa della sua bellezza prorompente e del "Signor zio" di Simone (Antonino Faà Di Bruno), severo ma non troppo. Interessante anche il tema della ginnastica, appena inserita nei programmi scolastici ministeriali, ed oggetto di accese polemiche perché bollata da taluni come inutile in una nazione nella quale lo sforzo educativo doveva essere indirizzato piuttosto all'alfabetizzazione (l'Italia del tempo infatti aveva ancora una altissima percentuale di analfabeti).

http://it.wikipedia.org/wiki/Amore_e_ginnastica_(film)

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Chiuso per ferie

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La mia petizione per Casa Modigliani


Sono davvero molto contenta che, anche se lentamente, la mia petizione raccolga il pensiero e il desiderio di persone che, come me, amano Amedeo Modigliani.
Sono solo 21 per ora le firme raccolte ma col tempo sono sicura aumenteranno.

Non è stato certo merito di questa piccola raccolta di firme, ma forse qualcosa si sta muovendo e sono davvero molto felice.
Vi segnalo il link al blog di Agenda Amaranta e il sito Amaranta Service che informa della possibilità di visita alla casa dell'artista ogni sabato per 4 ore. E' poco, ma è un buon inizio sapendo quanto in questo periodo è difficile sostenere la cultura (a tal proposito vi invito a visitare il link alla mia pagina Gli ateliers di Modigliani a Parigi per prendere atto di come sono diversi i francesi e come riescono a riqualificare qualsiasi luogo anche di minimo valore).

Andateci e ditemi com'è! Aspetto le vostre foto.


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Henri-Bellery Desfontaines



Parigi, 20 marzo 1867 - Parigi, 7 ottobre 1909

E' stato un pittore, decoratore e illustratore dell' Art Nouveau. E' conosciuto per i suoi manifesti storici,  le sue litografie, gli arazzi, i mobili, il design delle banconote e altre opere di arti decorative.

Henri-Bellery Desfontaines si pensa abbia iniziato la sua formazione artistica sotto la guida di Luc-Olivier Merson (1846-1920). Nel corso degli anni come studente di storia, Henry inizia ad illustrare riviste. Nel 1895, attratto maggiormente dall' illustrazione, probabilmente anche a causa di problemi finanziari, inizia a lavorare per come illustratore per "L'Image", "L'Estampe Moderne" e "L'Almanach des bibliophiles". Nello stesso anno, il Salone degli artisti francesi ha ospitato uno dei suoi disegni per un arazzo storico.
Nel 1900, Parigi era il posto perfetto per un gruppo di giovani artisti ispirati dalle correnti neogotiche e simboliste. La maggior parte di loro ha iniziato come pittore. Henri Desfontaines Bellery era un membro di questo gruppo. Ha iniziato come pittore nello studio di Pierre-Victor Galland che gli ha affidato la realizzazione dei motivi decorativi per il Pantheon di Parigi. Maillot, Bonnat e Humbert e in particolare Jean-Paul Laurens lo convinsero a partecipare al workshop presso l'Ecole des Beaux-Arts di Parigi e con lui furono premiati all' Hôtel de Ville di Parigi.
Bellery-Desfontaines raggiunse gradualmente la notorietà con gli ambiziosi disegni decorativi, arazzi e con la progettazione di mobili. Ha realizzato numerose illustrazioni commerciali e ha disegnato le carte da gioco per la Fossorier Amar et Cie; ha creato molti caratteri tipografici per la fonderia G. Peignot et Fils a cui ha dato il nome "Font Bellery Desfontaines-grande" e "Font Bellery Desfontaines-stretto".
Ritrasse anche Yvette Guilbert e Jean Mounet-Sully e partecipò a numerosi eventi come quelli svolti al Bal des Quat'z'Arts  e al Bal de l'Internat.

Bellery-Desfontaines morì giovane, all'età di 42 anni, lasciando incompiuta una vasta produzione di opere artistiche.




Grafica per la banconota da mille franchi per le colonie francesi nell'Africa mediterranea



L'invito al Bal de l'Internat, 1897


La sua tomba al Cimitero di Montparnasse
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Silvio Zago


Alcuni giorni fa ho conosciuto un bravissimo pittore, il Sig. Silvio Zago. Sono rimasta entusiasta delle sue tele (che mi hanno ricordato molto mio nonno) e della nostra nascente amicizia (anche con la simpaticissima Sig.ra Zago).

Riporto qui di seguito alcune notizie biografiche del pittore prese direttamente dal suo sito e posto alcune immagini.

Silvio Zago compare timidamente, come pittore, solo da qualche anno, ma disvela felici intuizioni cromatiche spinte ad una produzione incessante, in una tensione creativa orientata spontaneamente all’immediatezza di spazio colore.
Pittore di paesaggi, difficile da definire quanto ad appartenenze, ma che si inserisce perfettamente  nella definizione classica della moderna pittura di paesaggio.
Per lui, infatti, il paesaggio è – come appunto dicono i testi – un soggetto o un motivo d’ispirazione su cui sperimentare i modi e il senso di una rappresentazione soggettiva della realtà attraverso il fare pittorico.
E il fare pittorico di Zago è fondato sulla capacità  istintiva di saper cogliere gli aspetti  più  intimi e belli della  natura e di  rappresentarli poi, semplicemente, per il pubblico.
L’uso prevalente della spatola su tela, un innato gusto del colore e lo studio della luce gli consentono composizioni cromatiche tanto ardite quanto piacevoli, che trasmettono all’osservatore la serenità ma anche l’ansia di un pittore che si espone con inconsueto candore.
Tra i "paesaggi" di questo pittore  troviamo spesso canali, barche, ponti, calli, ecc.visti con l’occhio di chi non si accontenta della loro bellezza esteriore, ma che ne ricerca i tratti interiori, l’anima.
Così è, e forse ancor di più, per i numerosi paesaggi agresti, in cui casolari abban-donati, lungi dal suscitare in chi li osserva una facile nostalgia del passato, sembra-no rivivere in armonia con la natura che li circonda.
Così è per gli agglomerati urbani, che sono un altro soggetto di Zago, in cui le case o i fabbricati, a volte persino affastellati, sembrano rivendicare una loro vitale esistenza.
"Natura, non rielaborazione della realtà ma, dice la prof.ssa Fanny Quagliato, forma di immediata partecipazione ad essa".
Silvio Zago, nato a Cavarzere nel 1946,  è già un pittore affermato e la sua maturità artistica ed estetica è compiutamente espressa con lavori di buona fattura e con elaborazioni molto significative.

http://www.silviozago.it/


La locandina della mostra


Il catalogo



Il mio acquisto, tutto veneziano





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