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Le ville di Livorno


Con mio grande rammarico, nei miei viaggi in Toscana non ho mai avuto abbastanza tempo per fotografare tutte le ville di Livorno e di Antignano.
Però, con l'aiuto del prezioso Google Maps, sono riuscita a coglliere per ognuna uno scorcio e pubblico qui gli "scatti" per mostrarvi le bellezze di una città ormai misconosciuta ai più.

Residenze del Viale Italia (ex Viale Regina Margherita)












Hotel Gennarino





Residenze del Viale di Antignano (quartiere di Livorno)


Villa Caruso




Villa Barsanti (detta anche Menincanti)




Chiunque volesse contribuire con altre foto e con informazioni sulle ville, farebbe davvero cosa gradita.
Grazie
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La Liberazione del 25 aprile


Oggi ricorre il 66° Anniversario della Liberazione italiana, avvenuta il 25 aprile 1945.

Pubblico qui di seguito un breve testo per spiegare a chi ancora non sapesse la storia (e sono in molti) perchè si festeggia questo indimenticabile giorno, ancora più importante in questo attuale momento politico che l'Italia sta attraversando.

Il 25 aprile in Italia è la Festa della Liberazione, si ricorda cioè l'anniversario della liberazione dal nazifascismo.
Durante la seconda guerra mondiale (1939-1945), dopo il 1943, l'Italia si ritrovò divisa in due: al nord Benito Mussolini e i Fascisti avevano costituito la Repubblica Sociale Italiana, vicina ai tedeschi e al Nazismo di Hitler, mentre al sud si formò in opposizione il governo Badoglio, in collaborazione con gli Alleati americani e inglesi.
Per combattere il dominio nazifascista si era organizzata la Resistenza, formata dai Partigiani. Questi erano uomini, donne, giovani, anziani, preti, militari, persone di diversi ceti sociali, diverse idee politiche e religiose, ma che avevano in comune la volontà di lottare personalmente, ognuno con i propri mezzi, per ottenere in patria la democrazia e il rispetto della libertà individuale e l'uguaglianza.

Il 25 aprile 1945 i Partigiani, supportati dagli Alleati, entrarono vittoriosi nelle principali città italiane, mettendo fine al tragico periodo di lutti e rovine e dando così il via al processo di liberazione dell'Italia dall'oppressione fascista.
Qualche anno dopo, dalle idee di democrazia e libertà, è nata la Costituzione Italiana.

http://www.amando.it/festivita/25aprile.htm





Concludo: il 25 aprile 1945, dopo un ventennio fascista e una guerra inutile, l'Italia ha raggiunto la libertà tanto agognata e tanto meritata.
Non facciamocela portare via ora da un bellimbusto in grado solo di raccontare barzellette volgari e incapace di governare con coscienza ed onestà.
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Buona Pasqua, Joyeuses Pâques, Happy Easter, Frohe Ostern

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"Thérèse Raquin" di Émile Zola


Ho terminato la lettura del romanzo "Thérèse Raquin" di Émile Zola; bello come tutti gli altri.

E' un romanzo di Émile Zola del 1867. Venne definito da Zola un romanzo-studio "psicologico e fisiologico", in riferimento alla complessità caratteriale dei personaggi, sui cui comportamenti si incentra l'analisi dello scrittore.

Il romanzo ha come protagonisti due donne e due uomini, posti tutti a pari livello. L'utilizzo del narratore onnisciente consente a Zola di cambiare spesso l'oggetto dell'analisi passando da un personaggio all'altro in base alla situazione.

Il libro narra la storia di Teresa, giovane fanciulla esile ma graziosa che vive in una piccola e squallida merceria, appartenente alla zia, in un quartiere di Parigi. Oltre all'anziana ma vispa zia, vive con Teresa il malaticcio cugino: Camillo. Il matrimonio tra i due è inevitabile ma anche insignificante, dato che Teresa non è mai uscita da quella merceria e non sa nemmeno cosa sia l'amore mentre lui, debole fisicamente anche se attivo lavoratore, non ha intenzione di passare la vita alla ricerca della donna giusta.

La loro vita, sempre uguale e monotona, viene stravolta dall'arrivo di Lorenzo, pittore perdigiorno nonché grande amico di Camillo, che si inserisce nella piccola famigliola col pretesto di eseguire un ritratto al caro amico. L'intenzione è ben altra: Lorenzo è rimasto attratto dalla semplicità di Teresa ed inizia a frequentarla di nascosto, senza mai destare alcun sospetto. I due, durante una breve gita sul fiume architettano un omicidio perfetto per liberarsi di Camillo, terzo incomodo, ostacolo per il loro amore passionale. Lorenzo annega Camillo nel fiume ed ottiene buoni testimoni che lodano la prontezza con cui Lorenzo si è gettato in acqua per salvare Teresa e si disperano per la brutta fine di Camillo. Grazie a questo alibi perfetto, i due tornano alla merceria e la vecchia, madre di Camillo, interpreta la morte del figlio come il principio della sua morte spirituale. Conserva la buona fede per i due ragazzi rimasti, Lorenzo e Teresa, che poco più in la si sposano.

Mantenuti dalla vecchia, i due si dedicano al loro amore che sembra però essere in lento ma inesorabile declino. Un ipotetico fantasma di Camillo perseguita i corpi e le menti dei due amanti e li allontana sempre più. Quello che un tempo era amore intenso, si è trasformato dopo la morte di Camillo in un odio acceso. Mentre la vecchia diventa sempre più oziosa e pian piano paralitica, scopre, dalle liti degli amanti, che loro due avevano complottato e deciso la morte del suo caro Camillo. Ora però è troppo tardi: la vecchia è muta e paralitica, i due amanti sono in procinto di una rottura completa, ma accade qualcosa di inaspettato. Una sera i due, entrambi desiderosi della morte dell'altro si uccidono, consapevoli dei loro errori e nel contempo la vecchia, ancora viva li osserva con lo sguardo soddisfatto e nel contempo disgustato per la vendetta da tempo bramata e infine ottenuta.

http://it.wikipedia.org/wiki/Teresa_Raquin_%28romanzo%29


L'attrice Giacinta Pezzana nella parte della madre di Camille al Teatro dei Fiorentini nel 1879



Locandine della versione cinematografica del 1953
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Sepo


Comacchio, 16 marzo 1895 – Bologna, 30 settembre 1983
Severo Pozzati, noto con lo pseudonimo di Sepo, è stato un pubblicitario, pittore e scultore italiano.

Attivo sia in Francia sia in Italia, è stato uno dei più importanti cartellonisti pubblicitari della prima metà del Novecento. In particolare è stato uno degli artisti che ha determinato il passaggio dalla funzione tendenzialmente decorativa del manifesto, tipica del caposcuola Cappiello, a quella più attenta alla comunicazione.
Ha contribuito a fissare i moduli caratteristici del cartellone pubblicitario Art Decò.

Severo Pozzati nasce a Comacchio nel 1895. Due anni più tardi la famiglia si trasferisce a Bologna. Quarto di sette tra fratelli e sorelle, Severo studia scultura all'Accademia di Belle Arti di Bologna, dove il fratello maggiore Mario frequentava già il corso di pittura. Qui stringe amicizia con Osvaldo Licini, Giacomo Vespignani e Giorgio Morandi. Si diploma nel 1913 e vince il "Premio di Scultura del Ministero della Pubblica Istruzione" che gli permette di visitare varie città d'arte italiane. In questi viaggi rimane impressionato dall'opera di Giotto, Paolo Uccello, Piero della Francesca e Masaccio.

Nel 1914 espone un paio di sculture all'Hotel Baglioni di Bologna insieme a opere di Giorgio Morandi, Osvaldo Licini, Giacomo Vespignani e Riccardo Bacchelli. Presiedono all'inaugurazione Marinetti, Carrà e Boccioni. Per quanto la mostra sia piuttosto effimera (durerà un solo giorno), riesce ad ottenere una certa risonanza sulla stampa locale, soprattutto grazie alla presenza dei futuristi. La critica paragona Pozzati al Medardo Rosso. Egli prosegue quindi con discreto successo l'attività di scultore, realizzando varie opere. Nel 1915 è di ritorno a Comacchio per restaurare una cappella privata.

In questi anni, dedicati primariamente alla scultura, va progressivamente accostando anche la pittura, dove ripropone in linea di massima lo stile delle proprie opere plastiche: volumi fortemente definiti, paesaggi essenziali, pochi colori. Il rimando è alla tradizione pittorica italiana trecentesca e quattrocentesca, in particolare Giotto. Ma sono ravvisabili anche influenze di artisti più moderni quali Cézanne e il Picasso pre-cubista.

Sempre in questi anni inizia a frequentare gli artisti e gli intellettuali della Bologna d'inizio secolo che si ritrovano nei caffè del centro. Stringe amicizia con Giuseppe Raimondi, Filippo De Pisis, Dino Campana, Bino Binazzi e Corrado Govoni. Fa inoltre la conoscenza di Giovanni Papini, Alfredo Oriani, Mario Missiroli, Ardengo Soffici, Vincenzo Cardarelli e molti altri.

Allo scoppio della Prima guerra mondiale viene riformato dal servizio militare per via di un incidente accadutogli mentre trasportava una scultura. Può proseguire quindi col proprio lavoro. Le condizioni economiche dovute al conflitto, però, lo costringono di lì a poco a cercare un mestiere più redditizio che non quello dello scultore o del pittore. Nel 1917 decide di iniziare l'attività di grafico a fianco del fratello Mario che lavorava per l'agenzia pubblicitaria Maga, una delle più importanti dell'epoca. Al contempo diventa anche insegnante di "comportamento espressivo" presso la scuola per attori cinematografici di Sebastiano Sani, critico d'arte de L'Avvenire d'Italia e "mecenate" di Pozzati fin dai tempi dell'esordio all'albergo Baglioni. Nel 1919 è regista e scenografo del film d'avanguardia Fantasia bianca, con musiche composte da Vittorio Gui.

Nel gennaio 1920 decide di trasferirsi a Parigi, pur non avendo nessun contatto nella capitale francese. Nella primavera dello stesso anno lo raggiunge l'amico e pittore Alessandro Cervellati e insieme si arrangiano con piccoli lavoretti di artigianato che gli permettono a stento di affittare uno studio a Montmartre. Col trascorrere dei mesi Pozzati inizia a frequentare gli "italiani di Parigi", in particolare Mario Tozzi che diverrà un suo amico stretto. Riceve dalla Galleria Bernheim-Jeune, interessata alle sue opere di pittura e scultura, una proposta di contratto che però non accetta (l'impegno prevedeva una collaborazione di quindici anni, in assoluta esclusiva, e con una retribuzione minima).

Pozzati si rende conto ben presto di non riuscire a vivere della propria arte, e già nell'estate del 1920 si vede costretto a ritornare nel mondo della pubblicità. Riprende quindi la collaborazione con l'agenzia Maga, che proprio quell'anno aveva aperto anche a Parigi.

L'attività di pubblicitario diventa così progressivamente più rilevante rispetto a quella di scultore e pittore. In ogni caso Pozzati tenterà ciclicamente di cogliere le occasioni che gli si presentano: nel 1922 partecipa con l'architetto Aldo Pini ad un concorso per la realizzazione di un monumento ai caduti della Grande Guerra, ma non vince. Nell'ottobre dello stesso anno ottiene invece, dall'Italia, una commissione: realizzare un busto commemorativo per Antonio Bonora, industriale agricolo di Galliera. Sarà l'ultima opera plastica dell'artista, salvo rare eccezioni e salvo tornare alla scultura negli ultimissimi anni della propria vita.

Pur essendo nel campo della grafica pubblicitaria dal 1917, e sempre con la stessa agenzia, è solo nel 1923 che riesce a firmare il suo primo manifesto (tutti i precedenti erano anonimi, come spesso accadeva). Per il suo Le clos de postillon, affiche per una ditta di vini, Severo Pozzati adotta lo pseudonimo di Sepo (acronimo del proprio nome) che i francesi pronunceranno «Sepó» e che egli conserverà per il resto della propria carriera. Carriera che a partire da questo momento si evolverà brillantemente e lo porterà a divenire nel ventennio successivo uno dei più quotati cartellonisti pubblicitari di Francia e Italia.

I primi manifesti risentono palesemente dell'influenza di Leonetto Cappiello, che all'epoca era il punto di riferimento per molti cartellonisti: colori piatti, grafica essenziale, punto prospettico dal basso verso l'alto. Tuttavia è sempre in questi anni che lo stesso Cappiello, per tenere il passo coi tempi, inizia a lasciarsi influenzare dalle nuove avanguardie nel campo della grafica e più in generale dell'arte. E tra i primi in ambito pubblicitario a proporre le innovazioni delle più recenti correnti artistiche, in particolare il cubismo, c'è proprio Sepo, assieme al grafico Cassandre.

Alla fine del 1924, anno della morte del padre, Pozzati lascia definitivamente Maga. Inizia a lavorare per alcune importanti agenzie parigine, come ad esempio Star, ma anche per la Publivox di Ginevra, per la Ricordi di Milano, per la Chappuis di Bologna e per altre ancora. Nel 1925 riceve la "Medaglia d'oro per la grafica pubblicitaria" alla "Mostra Universale delle Arti Decorative" di Parigi. Nel 1926 viene assunto in qualità di direttore artistico dalla Dorland. Tra i manifesti più celebri di questo periodo c'è quello per il colletto inamidato Noveltex (1928) che viene premiato all'"Esposizione Internazionale" di New York e selezionato tra quelli che dovranno rappresentare l'arte pubblicitaria francese all'"Esposizione Universale" di Monaco, oppure quello per le sardine Ameieux (1929). Sepo viene paragonato a Cappiello e ritenuto il secondo miglior cartellonista italiano in terra di Francia.

Nel 1928 espone alcuni suoi dipinti alla prima mostra de Les Italiens de Paris, aperta al Salon de l'Escalier, all'interno del Théatre Louis Juvet agli Champs-Élysées. Nell'autunno dello stesso anno espone invece alcuni suoi manifesti ad una mostra che si tiene in Italia, "La Settimana Ferrarese", al Palazzo di Sant'Anna a Ferrara.

Dopo neanche un decennio dal suo arrivo nella capitale francese in cerca di fortuna nel campo della pittura o della scultura, Pozzati si ritrova una celebrità nel campo della réclame. Frequenta i più importanti artisti e intellettuali che all'epoca risiedevano a Parigi: Pablo Picasso, Georges Braque, Suzanne Valadon, Jean Cocteau, e altri esponenti dell'avanguardia internazionale. Ma soprattutto mantiene stretti legami con Filippo de Pisis e il gruppo de Les Italiens de Paris.

Nel 1932, allo scadere del suo contratto con la Dorland, Pozzati decide di aprire un'agenzia pubblicitaria per conto proprio. Nasce così l'Idea, aperta al numero civico 63 di Boulevard Victor Hugo di Parigi, e che avrà sia committenti francesi sia italiani. Con la nuova agenzia crea alcuni di quelli che resteranno tra i manifesti più celebri della sua intera carriera, in particolare sono da citare il manifesto per le camicie da sera Noveltex (1933), per le confezioni Tortonese (1934), per il panettone Motta (1934) e per le sigarette Anic (1938).

A partire dal 1933 è attivo presso il Sindacato Italiano degli Artisti residenti all'estero - sezione di Parigi - fondato lo stesso anno da Antonio Maraini, segretario generale dei Sindacati Fascisti di Belle Arti e segretario della Biennale di Venezia. Grazie a tale sindacato avrà poi la possibilità di partecipare a varie mostre in qualità di pittore, in particolare è da menzionare la "Prima esposizione degli Artisti Italiani di Parigi" che si tiene nell'autunno del 1933, con la presidenza onoraria di Luigi Pirandello, e alla quale partecipano artisti come Amedeo Modigliani, Giorgio de Chirico, Massimo Campigli, Filippo de Pisis, Felice Casorati, Mario Tozzi, Umberto Brunelleschi, Renato Paresce, Gino Severini, Enrico Prampolini, Alberto Martini e altri. Per l'autunno del 1933, in occasione della commemorazione della Marcia su Roma, gli viene commissionata un'enorme tela di 120 metri quadrati raffigurante il dittatore italiano Benito Mussolini. Tale dipinto viene posizionato nella sala Wagram di Parigi, luogo dove si tiene la manifestazione in presenza delle autorità italiane giunte in Francia per l'evento. Nella primavera del 1936 partecipa alla "Prima Mostra del Cartellone e della Grafica pubblicitaria" al Palazzo delle Esposizioni di Roma, la prima manifestazione di questo tipo mai tenutasi in Italia. Nel 1937 riceve il "Gran Premio d'Onore" all'"Esposizione Universale delle Arti e delle Tecniche" di Parigi. Nell'autunno del 1938 gli viene commissionato l'allestimento del padiglione della moda alla mostra "Torino e l'Autarchia" che si tiene nel capoluogo piemontese.

L'anno successivo scoppia la Seconda guerra mondiale. Tuttavia, almeno per i primi tempi, Pozzati riesce a vivere nella capitale francese in relativa tranquillità. I problemi veri e propri iniziano il 10 giugno del 1940, quando viene rotto il patto di non belligeranza tra Italia e Francia, e Mussolini entra in guerra a fianco di Hitler: a Parigi vengono arrestati e internati in campi di concentramento tutti quegli italiani che ricoprono cariche di rilievo. Pozzati, che non aveva mai rinunciato alla cittadinanza italiana e che era una figura di spicco del Sindacato Italiano degli Artisti residenti all'estero viene arrestato e deportato al Campo d'internamento di Le Vernet. Verrà rilasciato 40 giorni dopo. Ritorna quindi in Italia per passare l'estate, ma in autunno è di nuovo a Parigi. Nel 1941 sposa la francese Alphonsine Debruil, che diverrà sua collaboratrice.
Gli anni della guerra sono molto difficili, soprattutto perché sotto l'occupazione nazista Pozzati decide di non lavorare per committenze tedesche, nonostante le pressioni. Cerca quindi di trovare lavoro, di nascosto, presso i vecchi clienti e stampare clandestinamente i propri manifesti.

Gli anni dell'immediato dopoguerra contraddistinguono la vita di Pozzati con eventi in forte contrasto: in particolare il 1948 che, se da un lato vede la Biennale di Venezia dedicargli uno spazio, dall'altro è anche l'anno della prematura morte della moglie.

In generale, comunque, con la ripresa economica del dopoguerra anche la pubblicità riconquista il proprio mercato. Pozzati riesce a riprendere a pieno ritmo il proprio lavoro e alla fine degli anni quaranta realizza ancora alcuni di quelli che resteranno tra i suoi manifesti più celebri, in particolare quello per la mostarda Vert-Pré (1949) raffigurante un bue macellato. I cartelloni pubblicitari di questo periodo sono caratterizzati da un abbandono delle stilizzazioni rigide e dei fondi scuri, a favore del progressivo impiego di figure più fantasiose e colori primari accesi.

Nel 1957 Pozzati decide di fare ritorno in Italia, a Bologna, dopo 38 anni passati in Francia. Nel 1959 viene incaricato di istituire una Scuola d'Arte Pubblicitaria, che egli riesce a dedicare alla memoria del fratello Mario, morto nel 1947. Tuttavia, da un lato a causa di una certa difficoltà nell'inserirsi in un ambiente da lui ritenuto estraneo, dall'altro per la volontà di ritornare ad occuparsi finalmente di pittura, Pozzati preferisce lasciare definitivamente il mondo della pubblicità, a tutti i livelli. È però tra i membri del comitato per le onoranze a Leonetto Cappiello, morto nel 1942. Tiene quindi numerose conferenze dedicate al grande maestro e nel 1961 presenzia all'inaugurazione del monumento a questi dedicato nell'omonimo piazzale di Livorno.

Nell'ultima fase della propria vita, a partire dal 1960, si dedica quindi alla pittura. Nei propri quadri Pozzati riproporrà sostanzialmente temi a lui cari (nature morte, paesaggi, elementi di vita contadina), ma con lo stile acquisito degli anni della grafica pubblicitaria (precisione del segno, ricerca costante dell'effetto prodotto dall'opera, costruttivismo, estrema razionalità).

Nel 1980, ormai ottantatreenne, si riavvicina anche alla scultura, realizzando lavori sia a partire da bozzetti disegnati in età giovanile, sia a partire da bozzetti nuovi.

Severo Pozzati muore a Bologna il 30 settembre del 1983, all'età di 86 anni.

http://it.wikipedia.org/wiki/Severo_Pozzati







Ho scoperto questo artista grazie a due brochure trovate a casa di mio nonno.
Le pubblico qui di seguito e chiedo gentilmente se qualcuno sa segnalarmi qualcuna di queste tele elencate sotto.
Grazie





Ovviamente ciò che ha colpito il mio occhio è stata la riproduzione del quadro "Albero viola e casa bianca" del 1915 che ben si accosta al dipinto di Amedeo Modigliani, "Paesaggio del Midi" del 1918.

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Robert Demachy


Saint-Germain-en-Laye, 7 luglio 1859 – Hennequeville, 29 dicembre 1936

E' stato un fotografo francese esponente del pittorialismo.

Léon-Robert Demachy nasce a Saint-Germain-en-Laye,nei dintorni di Parigi, il 7 luglio del 1859. I genitori, Charles Adolphe Demachy (1818–1888) e Zoé Girod de l’Ain (1827–1916), anno altri due figli, Charles Amédée (1852–1911) e Adrien Édouard (1854–1927), e una figlia, Germaine (1856-1940?). Il padre Charles è un banchiere e la famiglia di Demachy è benestante. Robert non ha bisogno di lavorare per vivere. Curiosamente in gioventù decide di eliminare dal suo nome la prima parte ed è universalmente noto solo come “Robert”.

I primi anni della vita di Demachy, trascorsi nella villa di famiglia al numero 13 di Rue François Premier a Parigi, sono idilliaci. L'estate la passa di solito nella villa di “Villers-sur-Mer” in Normandia. Viene educato nella scuola dei Gesuiti di Parigi, parla correntemente inglese ed è un buon musicista. Suona il violino. Circa nel 1870, Demachy, la madre e i fratelli lasciano Parigi per Bruxel per evitare i rischi connessi alla guerra Franco Prussiana. Il padre rimane invece a Parigi.

Alla maggiore età Robert Demachy è volontario nell'esercito, ma per breve tempo. Subito dopo, alla metà degli anni '80 lo troviamo a frequentare i caffè parigini ed a partecipare attivamente alla vita bohemienne della città. È in questi anni che Robert inizia a ritrarre i padroni dei caffè e la gente per le strade di Parigi. Una pratica che non abbandonerà mai per il resto della sua vita.
Ad un certo punto alla fine degli anni '80 del 1800 inizia a fotografare. Non è noto chi o cosa abbia influito sulla sua scelta, quello che è noto è che spenderà i prossimi trenta anni della sua vita a fare fotografie ed a scrivere intensamente sulla fotografia. Dato che la disponibilità di denaro per lui non è certo un problema, potendovi dedicare ampiamente tempo e mezzi, diventerà in breve tempo perfettamente padrone della tecnica.

Nel 1882 Demachy viene ammesso nella “Société Française de Photographie”, che gli consente di venire a contatto con alcuni dei fotografi più influenti d'Europa. Non è però in accordo con la visione conservativa di molti fotografi e per questo motivo nel 1888 si mette d'accordo con Maurice Bucquet per formare un nuovo club, il “Photo-Club de Paris”. I membri di questo club si rifanno all'estetica della fotografia pittorialista e il ruolo del Photo-Club è simile in Francia al ruolo della Photo-Secession negli stati Uniti .

Nel 1889, mentre è in visita alla Esposizione Universale di Parigi, incontra Julia Adelia Delano. Adelia appartiene ad una importante famiglia degli Stati Uniti ed è una lontana parente del futuro presidente Franklin Delano Roosevelt. Nel maggio del 1893 Robert e Adelia si sposano a Parigi, si trasferiscono nella residenza di famiglia di lui in Rue François Premier. E avranno due figli maschi, Robert-Charles, nel 1894, e Jacques François nel 1898. Jacques diventerà poi un noto illustratore di moda.

Nel 1890 Demachy è uno dei primo francesi a possedere un'automobile, una Panhard. Ne avrà altre tre, tutte dello stesso modello. Nel 1894 inizia ad utilizzare per la stampa delle sue fotografie la tecnica della gomma bicromata un processo introdotto da poco da A. Rouillé-Ladevèze al Salone di Parigi.

In particolare Demachy ama manipolare in maniera molto pesante sia il negativo di partenza che la successiva stampa. Egli contribuirà molto al successo di questa tecnica e della conseguente estetica fra i fotografi francesi. Nello stesso anno organizza, con i fotografi Constant Puyo, Le Begue e Bucquet il primo Salone basato sui principi estetici del Photo-Club. Nel 1895 la sua esposizione di stampe alla gomma bicromata contribuisce alla sua notorietà internazionale e nello stesso anno viene accettato nel prestigioso club londinese The Linked Ring.
Nel 1897 pubblica il suo primo libro insieme a Alfred Maskell, L'acquatinta fotografica, ovvero il processo della gomma bicromata (Photo-aquatint or Gum Bichromate Process) Lonra: Hazell, Watson & Vinery

Nel 1898 entra in corrispondenza con Stieglitz, i due manterranno fitti contatti epistolari per almeno quindici anni.
Durante questi anni Demachy continua a scrivere sulla fotografia e presto diventa uno degli autori più prolifici sul tema. Durante la vita scrive non meno di mille artcoli sull'estetica fotografica e sulla manipolazione delle stampe.

Nel periodo fra il 1900 e il 1913 Demachy espone per cinque volte le sue stampe alla Royal Photographic Society di Londra. All'epoca una mostra personale era considerata un grande onore per qualsiasi fotografo, ma cinque in soli dieci anni era senza precedenti. Il critico A.J. Anderson scrisse “in verità, Robert Demachy non è un uomo, ma un miracolo”.

Ogni mostra segna un nuovo successo della sua carriera. Nel 1904 sei sue fotografie sono pubblicate sulla famosa rivista di Alfred Stieglitz Camera Work Nello stesso anno inizia a sperimentare una tecnica nota come Oleotipia, una tecnica di stampa inventata quello stesso anno da G.E.H Rawlins. Anche questa tecnica permette un grande controllo sulla stampa consentendo a Demachy di fondere ancora più intimamente l'estetica pittorica con quella fotografica. Ovviamente in molti suoi scritti Demachy ci tiene a precisare che non basta utilizzare queste tecniche di manipolazione per rendere una fotografia un'opera d'arte. Un vero artistà – dirà - deve sapere dove porre l'accento, ridurre la definizione e dove nascondere o esaltare le forme, più che sapere come farlo. Nel 1905 Demachy entra a far parte della Royal Photographic Society. Lui e il pittorialista Costantin Puyo selezionano le foto dei francesi per la mostra della società. Ne fanno parte venti loro immagini.
All'incirca nel 1906 abbandona il processo della gomma bichromata in favore della stampa al bromolio, una tecnica derivata dalla Oleotipia messa a punto da E. J. Wall e ulteriormente perfezionata da Demachy stesso. Con Puyo scrive e pubblica Procédés d’art en photographie (Paris: Photo-Club de Paris). Continua la ricerca di nuovi modi per manipolare le sue immagini e, nel 1911, perfeziona la tecnica di stampa al bromolio. Negli anni successivi espone le sue fotografie a Parigi, Vienna, Londra e New York.

Il molto tempo dedicato da Demachy alla fotografia lo porta a trascurare la moglie Adelia, che nel 1909 chiede ed ottiene il divorzio. All'epoca un divorzio faceva ancora scandalo. Adelia si risposa due anni dopo. Senza dare spiegazioni Demachy smette improvvisamente di fare fotografie nel 1914. Si rifiuta persino di scattare le foto ricordo dei nipoti. Nessuno è stato in grado di spiegare un così repentino cambiamento. La cosa coincide con l'inizio della prima guerra mondiale. Non vi sono tuttavia prove che vi sia un collegamento fra le due cose. Non smette tuttavia di disegnare e di partecipare a qualche mostra.

Dopo la morte della madre, nel 1916, Demachy si trasferisce prima in un appartamento a Montmarte e successivamente in campagna. Sua unica compagnia di rilievo: i suoi cani. Demachy muore per ateriosclerosi il 29 dicembre del 1936. Due giorni dopo è tumulato nella tomba di famiglia, al cimitero monumentale di Père-Lachaise a Parigi. Prima di morire distrugge tutti i suoi disegni e dona le fotografie alla Royal Photographic Society e al Photo-Club de Paris.

http://it.wikipedia.org/wiki/Robert_Demachy




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