Mi ha sempre un po' affascinato il mondo dark e dunque ho deciso di inserire nel mio blog una figura che lo impersonifica, ma che comunque, ha origini storiche.
Erzsébet Báthory, conosciuta anche come Elisabetta Bathory, soprannominata la Contessa Dracula o Contessa Sanguinaria (magiaroBáthory Erzsébet, /ˈbaːtori ˈɛrʒeːbɛt/; Nyírbátor,...
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Ferrara, 1881 – Travedona-Monate, 1918
E'stata una pittrice italiana.Nata a Ferrara dove conosce il futuro marito e giornalista Giannetto Bisi, trascorre parte della giovinezza a Padova, ospite della madre di Umberto Boccioni.
A Padova e a Milano, dove si trasferisce con la famiglia nel 1905, compie numerosi studi di pittura...
Ieri sera ho visto un bellissimo film di Pupi Avati.
Ve ne riporto qui la trama e alcune immagini; consiglio di vederlo.
E'un film drammatico del 2008 diretto da Pupi Avati. Presentato in concorso alla 65ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia dove Silvio Orlando ha vinto la Coppa Volpi per la migliore interpretazione...
Ho appena finito di leggere "Romanzo interno" di Virgilio Lilli (Ed. Rusconi, 1976).
Un bellissimo libro di cui consiglio la lettura; e riporto qui di seguito la quarta di copertina.
Virgilio Lilli alla sua morte ha lasciato questo romanzo inedito e incompiuto, in realtà compiutissimo. Avrebbe dovuto intitolarsi Autobiografia. Memorie di un figlio del secolo ventesimo. Si chiama invece Romanzo interno perché narra della vita solo la parte più nascosta e profonda. Il manoscritto si ferma sui trent'anni ma il senso dell'esistenza che se ne ricava è pieno. Giunto sui settant'anni Lilli sentì il bisogno di raccontare la sua esistenza, ma il suo istinto, portato prima all'analisi sottile e quindi alla sintesi più ampia, lo indusse a scartare gli avvenimenti comuni e a puntare invece su quelli del profondo, che uniscono tutti gli uomini e li rendono fatalmente compagni dello stesso viaggio. Ricavò un romanzo con forte tensione filosofica e saggistica, ma nello stesso tempo personalissimo; uno scavo, un tunnel attraverso la vita di ogni giorno, un lungo cammino alla luce di un'ideale lanterna di Diogene con cui cogliere l'Uomo. Gran viaggiatore e giornalista Lilli; e anche questo, in fondo, è viaggio e inchiesta, con proficua raccolta di materiali e con forte suspanse. Se i personaggi incontrati tendono a dissolversi in un'idea, un personaggio alla fine emerge, alto e imponente, ed è la vita stessa con le sue leggi, che l'autore cerca di decifrare, e i suoi misteri, che rimangono solenni davanti a noi. Scrive Claudio Marabini nella prefazione: "Tutto si compone via via come una progressiva definizione di sé e della vita intesa come generale avventura, essenza comune. Noi sappiamo che questa definizione, a chi non possegga le chiavi di una fede religiosa, non si esaurisce mai. Può essere disperazione, ma all'uomo stoicamente consapevole dei suoi limiti e delle sue forse, può bastare, meta eternamente sfiorata e mai raggiunta, ogni volta balenante più in là."
Riporto inoltre questo bel passo di scrittura in descrizione di una donna che aveva fatto innamorare il protagonista.
Questa figura di donna, sì, c'era, stava al balcone, era bionda, forse giovane; ma senza il transfert che inconsciamente io facevo in lei della mia urgente, irrinunciabile esigenza del sublime, non sarebbe stata che un fantasma steso al sole, al davanzale di una finestra, come un lenzuolo messo ad asciugare. Gli occhi di pervinca, la bocca di papavero, il collo di Modigliani ed altro, capaci di scatenare in me la "tempesta della felicità" al punto da farmi affermare che nessuna creatura vivente prima di me avesse potuto registrare una simile sensazione, erano una scadenza precisa, celeste, come la scoperta della morte, del sesso, della storia eccetera, di cui ho già parlato.
E riprendo un passo di grande attualità in questo periodo.
Continuai a fare il disoccupato, poiché rinunciai al posto che avevo raggiunto vincendo il concorso. Fu una rinuncia di cui quasi non mi resi conto, avendo già dato per scontato che non avrei mai fatto quel lavoro. La disoccupazione - annotai - ha origini di natura soggettiva, paradossalmente. Quando il lavoro manca, non è vero che l'uomo "si adatta a fare qualsiasi cosa", al contrario, egli continua a voler fare una certa cosa; cioè è ben vivo in lui lo spirito della scelta che poi è il fondamento della sua libertà, cioè, ancora della sua autentica qualifica di uomo. E' vero che mancandogli il lavoro al quale aspira, forzatamente a un certo momento farà qualunque cosa; ma la farà rimanendo interiormente disoccupato.
Situato tra il n° 2 di Rue de Saules e il n° 18 di Rue Saint Rustique, questo locale vanta la sua apertura da oltre quattro secoli. Inizialmente il suo nome fu "Aux Billards en Bois" e portava una curiosa insegna "Olivier et Pieds de Mouton" che altri non erano che i proprietari dello stabile.
Il locale si trova a pochi metri dalla più...
Ho scoperto da un po' di tempo questo gioco per pc (anche per PS3 e xbox).
E' inquietante e nonostante la grafica possa apparire scarna e povera, il gioco è accattivante e coinvolgente. E' difficile e a volte cervellotico.
Vi riporto una delle tante recensioni che troverete nel web.
Un istante. Un respiro. Un battito. Passa molto poco...
Praga, 13 dicembre 1900 - Praga, 1 ottobre 1951
Era la figura principale del movimento ceco di Avanguardia Devětsil (Butterbur) nel 1920; fu un artista, grafico e fotografo. Teige ha anche lavorato come redattore e grafico della rivista mensile del movimento, chiamata ReD (Revue Devětsilu).
Teige ha introdotto l'arte moderna...

1886-1915
Studiò scultura all'Ecole des Arts Dècoratifs e ai Beaux-Arts con Constantin Brancusi, nell'atelier di Antoin Merciè, lo scultore ufficiale della Terza Repubblica.
Drouard animava le serate di Rue du Delta, talvolta suonando il violino, aveva il proprio studio di scultore in Place du Tertre e si dedicò prevalentemente all'esecuzione...
Saint-Jean-de-Braye, 4 ottobre 1891 – Neuville-Saint-Vaast, 5 giugno 1915
E' stato uno scultore e pittore francese, di stile vorticista.
Henri Gaudier è nato a Saint-Jean-de-Braye vicino a Orléans. Nel 1910 si trasferisce a Londra per diventare un artista, anche se non ne aveva ancora la formazione formale. Insieme a lui parte anche...
Come sempre con il mio instancabile e fedele (e aggiungo paziente) ragazzo sono andata a vedere la mostra "Arte del Novecento" a Palazzo Crepadona di Belluno. Riporto qui di seguito le informazioni utili per chi passasse (anche se so che il Bellunese non è una zona di transito) e volesse visitarlo (l'apertura della msotra è stata prorogata fino al 23 ottobre).
E' la qualità la caratteristica che accomuna le oltre 70 opere del Novecento italiano esposte a Belluno, a Palazzo Crepadona, dal 24 luglio al 2 ottobre, dalle collezioni della Fondazione Cariverona e della Fondazione Domus. Una qualità che rende la carrellata proposta di grandissima forza espositiva e d'assoluto valore culturale: uno spaccato di alcuni momenti salienti dell'evoluzione del pensiero estetico del XX secolo in Italia, che raggiunge, con personalità straordinarie come Balla, Boccioni, Casorati, Morandi, Vedova, Schifano, Birolli, Fontana, Cucchi e Manzù, una dimensione internazionale.
In questo contesto si colloca anche un omaggio a Belluno, voluto dal curatore dell'esposizione Sergio Marinelli, con due sale tematiche dedicate a temi fortemente legati alla cultura delle Alpi e alla dimensione montana: la neve, ove spicca un poetico e giovanile Beppe Ciardi, e i fiori soggetto insolito anche di un affascinante e inedito Afro Basaldella.
Infine - "a latere" del percorso espositivo ma altrettanto suggestivo - il richiamo alla grande tradizione passata dell'arte bellunese, con l'esposizione di un bellissimo Sebastiano Ricci, da poco entrato a far parte della collezione della Fondazione Cariverona ed esposto al pubblico per la prima volta.
Il satiro e il contadino, questo è il titolo dell'opera, sarà affiancato nell'occasione ad uno strepitoso Paesaggio con pellegrino e lavandaie - in cui Magnasco e Peruzzini raggiungono uno dei massimi risultati in termini di interazione tra figure e paesaggio - a una tela di tema storico da poco ricondotta al pennello di Gerolamo Brusaferro e alla pianta prospettica della città di Belluno, opera di Domenico Falce.
Gli spunti di riflessione lungo il percorso novecentesco sono molteplici, anche perché i lavori proposti rappresentano in molti casi il meglio della produzione dei relativi autori.
Si parte dunque con l'originalità e la forza di un Balla prefuturista (Alberi e siepe a Villa Borghese è stato rinvenuto solo in tempi recenti e risulta databile intorno al 1905) e con tre eccellenti Boccioni, anch'essi prefuturisti. Tra questi ricordiamo lo splendido e luciferino Ritratto di Achille Tian e un fondamentale Ritratto femminile che il pubblico potrà ora ammirare a Belluno: irreperibile dal 1964 è alle sue prime presentazioni dopo il suo ingresso nella Fondazione Domus nel 2005. Connotato da un forte sperimentalismo, il dipinto di Boccioni rappresenta uno dei tasselli fondamentali del percorso artistico dell'artista, segnando il suo passaggio dal divisionismo al nascente movimento futurista.
Pure futurista è la piccola ma importante opera di Soffici Nature morte (encrier) databile alla seconda metà del 1912, cui vengono affiancate negli spazi della Crepadona due bellissimi bozzetti
di Arturo Martini, opere di Trentini, di Savinio - Poema marino e Venerdì santo - e di Casorati, tra cui la giovanile tela "veronese" con la Famiglia Consolaro Girelli e l'importantissimo Uova sulla Scacchiera. Quest'ultima, esposta nel '52 alla XXVI Biennale di Venezia, segna una nuova evoluzione della pittura dell'artista con un'esasperata attenzione all'equilibrio di forme e colori. In collezione privata fin dal 1958 il dipinto di Casorati è uscito solo in seguito all'acquisto da parte dell'Istituto di credito veronese.
Un importante nucleo di grande pittura veneta del Novecento è rappresentato in mostra dalle opere suggestive del realismo magico di Carlo Sbisà con Ritratto in rosa e in nero - anche questa un recentissimo acquisto e una novità per il pubblico - e di Cagnaccio di San Pietro Allo specchio, del '27, che segue la strada del ritorno all'ordine perseguito dopo l'episodio futurista; ma anche con una serie di tele di Gino Rossi e con Mattino, uno dei quadri più belli di Fioravante Seibezzi.
Morandi è presente nel percorso espositivo con un raffinato paesaggio, Paesaggio grigio con strada, realizzato durante la Seconda Guerra Mondiale, probabilmente nel 1942 quando l'artista viveva ritirato tra Bologna e l'appennino, cercando in una solitaria pittura interiore quella pace che nel mondo non vi era più. Di Campigli è proposto Donne al tavolino, del secondo dopoguerra, mentre Santomaso è ricordato a Belluno con Racconto, che ben esemplifica la posizione personalissima da lui assunta nel panorama artistico diffusamente informale della fine degli anni Cinquanta e inizio degli anni Sessanta.
Poi ci sono i grandi capolavori che arrivano al limite, appunto, dell'informale: specialmente Vedova, Afro, Birolli e Dorazio che sono rappresentati ai vertici delle loro produzioni (mentre gli importanti Tancredi dell'Istituto di Credito veronese sono in mostra a Feltre per la rassegna monografica sull'artista).
Varsavia 2, presente alla Biennale di Venezia del 1960, è certamente una delle più belle e importanti opere di Vedova, mentre Scheggia (1956 circa) ben esprime il momento della piena maturità espressiva di Afro, che arriva alla "liberazione del colore", e Fontana è testimoniato con un'opera appartenente alla serie cosiddetta delle "Carte" (tra il 1957 e il 1960), tappa fondamentale del superamento dell'esperienza informale che conduce ai "Tagli".
Quindi Dorazio, Schifano con un impressionante e grande Paesaggio anemico tra echi futuristi e dada, e ancora Chia e Cucchi chiudono questo tuffo nell'arte italiana del XX secolo - reso possibile dalla intelligente politica di fruizione pubblica seguita dalle Fondazioni Cariverona e Domus - che non dimentica neppure la scultura, con Arman e Ceroli, ma soprattutto con un sorprendente e spettacolare lavoro di Giacomo Manzù, esposto qui in prima assoluta: Tebe distesa nell'ovale, sorta di trasposizione del tema di "Leda e il cigno" dal mito alla psicanalisi.
http://www.comune.belluno.it
In questo contesto si colloca anche un omaggio a Belluno, voluto dal curatore dell'esposizione Sergio Marinelli, con due sale tematiche dedicate a temi fortemente legati alla cultura delle Alpi e alla dimensione montana: la neve, ove spicca un poetico e giovanile Beppe Ciardi, e i fiori soggetto insolito anche di un affascinante e inedito Afro Basaldella.
Infine - "a latere" del percorso espositivo ma altrettanto suggestivo - il richiamo alla grande tradizione passata dell'arte bellunese, con l'esposizione di un bellissimo Sebastiano Ricci, da poco entrato a far parte della collezione della Fondazione Cariverona ed esposto al pubblico per la prima volta.
Il satiro e il contadino, questo è il titolo dell'opera, sarà affiancato nell'occasione ad uno strepitoso Paesaggio con pellegrino e lavandaie - in cui Magnasco e Peruzzini raggiungono uno dei massimi risultati in termini di interazione tra figure e paesaggio - a una tela di tema storico da poco ricondotta al pennello di Gerolamo Brusaferro e alla pianta prospettica della città di Belluno, opera di Domenico Falce.
Gli spunti di riflessione lungo il percorso novecentesco sono molteplici, anche perché i lavori proposti rappresentano in molti casi il meglio della produzione dei relativi autori.
Si parte dunque con l'originalità e la forza di un Balla prefuturista (Alberi e siepe a Villa Borghese è stato rinvenuto solo in tempi recenti e risulta databile intorno al 1905) e con tre eccellenti Boccioni, anch'essi prefuturisti. Tra questi ricordiamo lo splendido e luciferino Ritratto di Achille Tian e un fondamentale Ritratto femminile che il pubblico potrà ora ammirare a Belluno: irreperibile dal 1964 è alle sue prime presentazioni dopo il suo ingresso nella Fondazione Domus nel 2005. Connotato da un forte sperimentalismo, il dipinto di Boccioni rappresenta uno dei tasselli fondamentali del percorso artistico dell'artista, segnando il suo passaggio dal divisionismo al nascente movimento futurista.
Pure futurista è la piccola ma importante opera di Soffici Nature morte (encrier) databile alla seconda metà del 1912, cui vengono affiancate negli spazi della Crepadona due bellissimi bozzetti
di Arturo Martini, opere di Trentini, di Savinio - Poema marino e Venerdì santo - e di Casorati, tra cui la giovanile tela "veronese" con la Famiglia Consolaro Girelli e l'importantissimo Uova sulla Scacchiera. Quest'ultima, esposta nel '52 alla XXVI Biennale di Venezia, segna una nuova evoluzione della pittura dell'artista con un'esasperata attenzione all'equilibrio di forme e colori. In collezione privata fin dal 1958 il dipinto di Casorati è uscito solo in seguito all'acquisto da parte dell'Istituto di credito veronese.
Un importante nucleo di grande pittura veneta del Novecento è rappresentato in mostra dalle opere suggestive del realismo magico di Carlo Sbisà con Ritratto in rosa e in nero - anche questa un recentissimo acquisto e una novità per il pubblico - e di Cagnaccio di San Pietro Allo specchio, del '27, che segue la strada del ritorno all'ordine perseguito dopo l'episodio futurista; ma anche con una serie di tele di Gino Rossi e con Mattino, uno dei quadri più belli di Fioravante Seibezzi.
Morandi è presente nel percorso espositivo con un raffinato paesaggio, Paesaggio grigio con strada, realizzato durante la Seconda Guerra Mondiale, probabilmente nel 1942 quando l'artista viveva ritirato tra Bologna e l'appennino, cercando in una solitaria pittura interiore quella pace che nel mondo non vi era più. Di Campigli è proposto Donne al tavolino, del secondo dopoguerra, mentre Santomaso è ricordato a Belluno con Racconto, che ben esemplifica la posizione personalissima da lui assunta nel panorama artistico diffusamente informale della fine degli anni Cinquanta e inizio degli anni Sessanta.
Poi ci sono i grandi capolavori che arrivano al limite, appunto, dell'informale: specialmente Vedova, Afro, Birolli e Dorazio che sono rappresentati ai vertici delle loro produzioni (mentre gli importanti Tancredi dell'Istituto di Credito veronese sono in mostra a Feltre per la rassegna monografica sull'artista).
Varsavia 2, presente alla Biennale di Venezia del 1960, è certamente una delle più belle e importanti opere di Vedova, mentre Scheggia (1956 circa) ben esprime il momento della piena maturità espressiva di Afro, che arriva alla "liberazione del colore", e Fontana è testimoniato con un'opera appartenente alla serie cosiddetta delle "Carte" (tra il 1957 e il 1960), tappa fondamentale del superamento dell'esperienza informale che conduce ai "Tagli".
Quindi Dorazio, Schifano con un impressionante e grande Paesaggio anemico tra echi futuristi e dada, e ancora Chia e Cucchi chiudono questo tuffo nell'arte italiana del XX secolo - reso possibile dalla intelligente politica di fruizione pubblica seguita dalle Fondazioni Cariverona e Domus - che non dimentica neppure la scultura, con Arman e Ceroli, ma soprattutto con un sorprendente e spettacolare lavoro di Giacomo Manzù, esposto qui in prima assoluta: Tebe distesa nell'ovale, sorta di trasposizione del tema di "Leda e il cigno" dal mito alla psicanalisi.
http://www.comune.belluno.it
Cagnaccio di San Pietro, Donna allo specchio, 1927
La bellissima tela di Umberto Boccioni, Ritratto femminile, 1911
Ardengo Soffici, Nature morte (encrier)
Carlo Sbisà, Ritratto in rosa e in nero
Giacomo Manzù, Tebe distesa nel grande ovale, 1985
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