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Ardengo Soffici


Rignano sull'Arno, 7 aprile 1879 – Forte dei Marmi, 19 agosto 1964

E' stato un poeta, scrittore e pittore italiano.

Nacque a Rignano sull'Arno il 7 aprile del 1879, da famiglia di agiati agricoltori.
Nella primavera del 1893 si trasferì a Firenze con la famiglia e assistette, senza nulla poter fare, alla rovina finanziaria del padre che li condusse alla povertà.
I suoi studi, indirizzati verso l'arte e solo marginalmente verso la letteratura, furono presto interrotti ed egli dovette presto cercarsi un lavoro presso lo studio di un avvocato fiorentino.

Risalgono a questo periodo i suoi contatti con un ristretto gruppo di giovani artisti che si muovevano intorno all'Accademia delle Arti e alla Scuola del Nudo dove erano maestri Giovanni Fattori e Telemaco Signorini. Tra i suoi amici anche Amedeo Modigliani.

Soffici giunse attraverso la pittura nel mondo della cultura e da autodidatta divenne scrittore.
Era intanto morto il padre e la madre si era trasferita presso alcuni parenti a Poggio a Caiano; così Soffici nel 1900 decise di abbandonare l'ambiente ristretto in cui viveva e, imitando alcuni amici artisti, si recò a Parigi.
A Parigi Soffici lavora come illustratore su riviste importanti come L'Assiette au Beurre; è malpagato e conduce una vita di stenti e rinunce. Qui però ha la possibilità di incontrare artisti emergenti e già affermati come Guillaume Apollinaire, Pablo Picasso e Max Jacob, e frequentare il mondo vivace che si era formato intorno alla rivista La plume. Per quest'ultima e per L'Europe artiste scrive numerosi articoli. Importanti anche gli incontri con artisti e scrittori italiani, come Giovanni Vailati, Mario Calderoni e Giovanni Papini, Giuseppe Prezzolini, con il quale stringerà, al ritorno in Italia, una forte amicizia, nonostante la diversità di carattere.
È in questo periodo che si formano le radici di Soffici scrittore. Egli infatti inizia a scrivere articoli di critica d'arte che invia al Papini. Gli articoli saranno pubblicati sul Leonardo con lo pseudonimo di Stefan Cloud ("nuvola di corone", ma forse solo "Stefano Nuvola").

Rientrato a Firenze nel 1907  e stabilitosi a Poggio a Caiano, Soffici consolida la sua amicizia con Papini che incontrava al famoso caffè Paszkowski, o che invitava nella serena casa del Poggio.

Di quell'epoca è anche l'amicizia con Giuseppe Prezzolini i cui scritti comparivano sul Leonardo sotto lo pseudonimo di Giuliano il Sofista.
Quando Papini e Prezzolini fondano La Voce, nel 1908, egli ne disegna la testata e in seguito, con la cura delle rubriche d'arte, ne diventa uno dei più impegnati collaboratori.

Contemporaneamente inizia la collaborazione ad una singolare rivista mensile, La Riviera Ligure, pubblicata dai fratelli Angiolo Silvio e Mario Novaro ad Oneglia alla quale contribuivano con i loro scritti Giovanni Pascoli, Grazia Deledda, Giovanni Marradi, Luigi Pirandello, Francesco Chiesa e gli allora meno noti Marino Moretti e Massimo Bontempelli.

Intanto, grazie alla guida di Papini e Prezzolini e alla parte attiva che egli prende nelle discussioni e nelle polemiche tra idealisti, materialisti, spiritualisti, romantici, classicisti e modernisti dell'arte, si allarga il suo orizzonte culturale. Mel 1913, insueme a Giovanni Papini, fonda la rivista futurista "Lacerba" che sarà pubblicata fino al 1915. In questo periodo (1910) Soffici ritorna a Parigi, dove viene a conoscenza dell'opera di Arthur Rimbaud, poeta allora quasi ignoto in Italia: nel 1911 pubblicherà nei Quaderni de La Voce una monografia su di lui.

Rientrato in Italia nel 1911, visita una mostra di pitture futuriste a Milano riportandone, come egli stesso dice, una "delusione sdegnosa" che manifesta in un articolo di critica su La Voce.

La reazione dei futuristi è violenta. Marinetti, Boccioni e Carrà, raggiungono Soffici a Firenze e lo aggrediscono mentre siede al caffè delle "Giubbe Rosse" in compagnia dell'amico Medardo Rosso. Ne nasce una grande pubblicità e un grande tumulto rinnovatosi alla sera, alla stazione di Santa Maria Novella, quando Soffici, accompagnato dagli amici Prezzolini, Slataper e Spaini, vuole rendere la contropartita.

La riconciliazione con i futuristi avverrà più tardi, grazie alla mediazione dell'amico Aldo Palazzeschi.
Con il passare del tempo l'insofferenza di Soffici e di Papini per Prezzolini si acutizza a causa dei concetti con i quali quest'ultimo dirige La Voce.
La rivista pubblicava infatti dei Quaderni aperti ad ogni tendenza e ai più disparati argomenti a somiglianza dei Cahiers de la Quinzaine pubblicati a Parigi a cura di Charles Péguy, ma Prezzolini era ancorato a una formula "scientifica", mentre Papini e Soffici erano maggiormente aperti verso la letteratura e la poesia e inoltre, sia Papini che Soffici, negli ultimi tempi, si erano riconciliati con certe suggestioni futuristiche ma si erano trovati in urto con le idee ostili di Prezzolini.
Il 1º gennaio del 1913 Soffici, insieme a Papini, fonda la rivista Lacerba.

In quei mesi incontra anche Dino Campana, che gli affida il manoscritto dei Canti Orfici sperando di trovare in lui, grazie all'ampia conoscenza che egli aveva dell'ambiente culturale dell'epoca, un aiuto per la pubblicazione della raccolta. Ma Soffici non dà riscontro alla richiesta, ed anzi dimentica il manoscritto in una soffitta, dove verrà ancora ritrovato dopo la sua morte.
È questo un periodo ardente trascorso tra Firenze, Poggio a Caiano e Parigi: di questi anni sono le opere più significative di Soffici e anche le più discusse.

Giunse la guerra, che Soffici aveva con forza auspicato sui fogli del "Lacerba" come reazione contro la "Kultur" germanica, considerata una minaccia mortale per l'intera umanità, ed egli si arruolò come volontario partecipando a diversi combattimenti sulla Bainsizza, restando ferito due volte e ottenendo una decorazione al valore militare.

Da questa esperienza nasce il Kobilek-Giornale di battaglia (1918) e dall'esperienza seguente a Caporetto, come ufficiale addetto all'ufficio propaganda della 2ª Armata, nel 1917, La ritirata del Friuli, che uscirà nel 1919.
Terminata la guerra Soffici diventa collaboratore de Il Popolo d'Italia, del Corriere della sera, di cui diresse la terza pagina, e di Galleria.
Nel 1919 fonda con Papini la rivista La Vraie Italie, che mira a un'intesa intellettuale tra l'Italia e gli altri Paesi europei: la rivista cessa le pubblicazioni dopo 12 numeri.

Intanto, con il trascorrere degli anni, si andava manifestando un "uomo diverso". Il Soffici che aveva fatto conoscere agli amici fiorentini Cézanne, i cubisti, Apollinaire e che aveva espresso e ravviato l'entusiasmo per Rimbaud, ripiega verso uno stile decoroso e foscoliano classico e in politica aderisce al fascismo. Nel 1925 firma il Manifesto degli intellettuali fascisti, nel 1937 si allontana da Mussolini ma rimarrà fedele al regime fino alla sua caduta. Nel 1938 compare nel manifesto, pubblicato sui giornali, firmato da molti intellettuali in appoggio alle leggi razziali appena emanate. Nel 1943, dopo l' 8 settembre, insieme a Barna Occhini, fonda la rivista "Italia e civiltà" che esce, per 23 numeri, nel 1944, propugnando l' amor patrio, il carattere sociale del fascismo, la fedeltà ai tedeschi. Dopo la guerra fu brevemente internato per collaborazionismo (assolto per insufficienza di prove), a Collescipoli vicino a Terni, insieme a Barna Occhini.

Le origini di Soffici scrittore sono da rintracciare nei Vagabondages lyriques pubblicati tra il 1904 e il 1906 sulle riviste La Plume e Europe artiste.
Seguono i saggi di critica d'arte pubblicati sulla rivista Leonardo con lo pseudonimo di Stefan Cloud, ma la prima vera opera letteraria di Soffici è la stesura definitiva dell'Ignoto toscano che risale al 1907 nata da una scelta di pensieri, vedute e sentimenti di carattere letterario e religioso.

Il libretto doveva essere titolato Tragedia, oppure Figure (o figure allegre) su fondo nero volendo, come egli stesso dice in Fine di un mondo, "adombrare con questo titolo la sua concezione dell'universo".
Il libretto viene stampato nel 1909 dal tipografo Vallecchi ed è composto da circa trenta pagine corredato da note sottoforma di una lettera semiseria indirizzata all'ipotetico Professor S.C., e porta una dedica a Filippo Ottonieri, a Didimo Chierico e al dottor Teufeldroeck.

Precedentemente, nel 1908, vi era stato il Saggio su Cézanne pubblicato su Vita d'Arte, che era piaciuto molto a Prezzolini, ed è del 1909 Il caso Rosso e l'impressionismo che dà inizio alla campagna in favore dello scultore italiano terminata con l'esposizione del 1910 a Firenze delle opere di Medardo Rosso e degli impressionisti francesi.

A questi anni risale la traduzione dei racconti più significativi di Cechov che furono pubblicati sui Quaderni della "Voce" e conosciuti per la prima volta in Italia.

Per la rivista di Papini Cultura dell'anima, Soffici traduce anche, insieme allo scrittore danese Knud Ferlov, In vino veritas di Kierkegaard.
Risalgono al 1911 le monografie su Arthur Rimbaud, il poète maudit, primo saggio critico straniero dedicatogli, e su Lemmonio Boreo che avrebbe dovuto svilupparsi in diversi volumi ed avere un significato avventuroso e satirico.
Nel 1914 esce L'Arlecchino, una raccolta di prose varie che erano state precedentemente pubblicate su La Voce e su Riviera Ligure e da molti giudicato, insieme a Giornale di bordo, una delle opere più originali di Soffici.

Seguiranno Bïf§zf+18 Simultaneità e chimismi lirici nel 1915 dal titolo e dai contenuti fortemente futuristi (di quest'opera nel 2002 è stata fatta ristampa anastatica dall'editore Vallecchi).
Papini scriverà che essi nascono «in uno stranissimo libro album che ha per copertina una compenetrazione di manifesti colorati a mano da lui coi più vivi blu, verdi, gialli, rossi che restassero ancor in Italia dopo la chiusura dell'importazione tedesca. Questo libro è tirato a trecento esemplari, costa cinque lire ed esce durante la guerra il che vuol dire che sarà letto da pochi. Eppure questo quaderno bizzarro resterà come uno dei punti più significativi e più vitalmente importanti della nostra letteratura».

Sono del 1918-19 i due libri di guerra, Kobilek e La ritirata del Friuli che possiedono la struttura del diario autobiografico.
Da La giostra dei tempi a Salti nel tempo, raccolte di pensieri e prose che comprendono scritti che vanno dal 1920 al 1939, si rivela sempre di più un Soffici narratore che non presenta particolari sorprese.

Così in Elegia dell'Ambra come nei versi dell'Adunata, pur essendoci un certo gusto neoclassico e riferimenti e cadenze del Leopardi delle Ricordanze e del Foscolo delle Grazie, manca il ritmo poetico.
Nel 1933 esce il Taccuino d'Arno Borghi un altro giornale di bordo che raccoglie pagine belle e alcune impressioni rare ma senza particolare evoluzione di stile.

Nel 1948 viene riordinato in volume lItinerario inglese che era uscito nel 1928 sulla Gazzetta del Popolo e si giunge all'Autoritratto di un artista italiano nel quadro del suo tempo che reca la data 1951-1955 e che si articola in quattro volumi: L'uva e la croce, Passi tra le rovine, Il salto vitale e Fine di un mondo, nel quale Soffici, con una prosa discorsiva e familiare, narra i casi della sua vita, dall'infanzia alla maturità, fino alla guerra. Per l' "Autoritratto" gli viene conferito il Premio Marzotto, 1955.
Nel dopoguerra, negli anni 1949-1950, Ardengo Soffici aderisce al progetto della importante collezione Verzocchi (avente a tema Il lavoro nella pittura contemporanea ed attualmente conservata presso la Pinacoteca civica di Forlì), inviando, oltre ad un autoritratto, l'opera "La vangatura".

Per concludere si ricordano le numerose opere di critica d'arte, da Cubismo e oltre, Cubismo e futurismo, Scoperte e massacri, Statue e fantocci, ecc. fino a Selva, arte che è del 1943 e ai 30 artisti moderni italiani e stranieri che è del 1950.
Soffici, più che un futurista vero e proprio, può essere considerato, come dice nel suo saggio Pier Vincenzo Mengaldo, «un Apollinaire italiano in formato ridotto». Egli infatti era legato alle poetiche recenti per gusto di modernità stilistica come era d'uso a Parigi.
Da Marinetti egli coglie la retorica e la tecnica dell'analogia, da Apollinaire l'assenza di punteggiatura, dalla pittura cubo-futurista gli accostamenti fantastici e dal nuovo cinema lo scorrere continuo delle immagini.
Soffici usa con estrema disinvoltura un forte plurilinguismo, che va dal toscanismo al francesismo creando l'equivalente lessicale della sua poetica. Una poetica che si può chiamare della simultaneità spaziale e temporale.

http://it.wikipedia.org/wiki/Ardengo_Soffici


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